Già domani (Privé)

I pedalò non sono ancora stati coperti che le casette natalizie son già pronte per essere erette. Il lago Ceresio racconta ancora di un’estate non del tutto sfumata nei vapori d’autunno, mentre la piazza di Lugano si accinge a vestirsi delle prime luci d’inverno.
E noi, mentre la città cambia abito, come ci sentiamo in questo paradossale rimbalzo stagionale? Noi, comparse di passaggio su un palcoscenico temporale deciso da uno sconosciuto artefice, c’incanaliamo in tale ciclicità con i nostri stati d’animo, altalenanti tra la l’energia del calore e l’indolenza del letargo.
Lo strascico dell’ultimo sole s’allunga fino a scaldare primi brividi di freddo. Impossibile fermarsi. I ricordi rincorrono le attese, finché esse stesse si faranno ricordi in uno scenario di paradossale circolarità. Anelli che si ripetono all’infinito.  Sempre uguali, eppure sempre diversi proseguiamo un cammino che pare durare da tempo immemore. Contemporaneamente, se ripensiamo a “quando eravamo giovani”, ecco che quel puntino di partenza obiettivamente lontano, che identifichiamo alle nostre spalle, pare un soffio. Pare ieri.
Andiamo avanti. Proseguiamo il peregrinare ritrovando i nostri stessi passi, in un andirivieni drammatico e insieme rassicurante. Così come l’alternarsi delle stagioni anche il susseguirsi dei nostri anni è un ineluttabile procedere verso un destino. Destino nel senso di meta, di traguardo, e non di fato. Con la convinzione che la distanza tra noi e il capolinea possa essere disseminata ancora di tante gioie e passioni, di follie e rivoluzioni, di salti mortali e atterraggi felici, capaci di trasformare la prevedibile ciclicità del nostro viaggio in un’eterna primavera.
Ecco, allora, che quel puntino di partenza obiettivamente lontano, che identificavamo alle nostre spalle, non è un soffio e non è ieri … è già domani.