Sardegna, un sogno con le ali

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Casa mia.
Volare in Sardegna oggi è come uno schiocco di dita. Un sorso d’acqua in mezzo a un oceano di voli intercontinentali accessibile pressoché a chiunque, dall’Italia, dall’Europa e da tutto il mondo. Ma se questa è oggi una realtà scontata, non lo era fino a un cinquantennio fa, quando gli alati destrieri non avevano ancora le strutture necessarie per solcare i cieli di Sardegna.
Erano i primi anni ’60 quando un lungimirante signore, leader religioso e ardito imprenditore, gettò le basi per creare letteralmente dal nulla il futuro profilo della costa nord orientale dell’isola. Il suo nome suonava già come una leggenda: Aga Khan e, nel teatro mentale dei miei primi anni di vita, poteva essere l’eroe di una fantasmagorica saga orientale. Ricordo perfettamente le candide cale della costa, una volta sbarcati al porto di Olbia. L’odore di salsedine che portavo via dal traghetto si appiccicava sulle dita che leccavo e risaliva le narici fino a inebriare i sensi. Il desiderio di tuffarmi in mare subito, così, vestita da città, era prepotente. Arrivata in quella Sardegna che per me era un meraviglioso altrove, mi spogliavo finalmente del cemento e rinascevo di sole, di sale e di vento.
Rivedo lo stesso mare turchese e le stesse rocce leccate dal maestrale, con quelle sagome talora umane talora animali, comunque vive e in perenne movimento. E ripercorro mentalmente gli ampi stazzi brulli, punteggiati di selvatica macchia mediterranea, che si srotolavano fino a Golfo Aranci dove, dopo parecchie ore di auto (per una bambina il tempo è dilatato, così come ogni cosa sembra più grande di ciò che in realtà è!) raggiungevamo la nostra casa. Non c’era molto altro, Golfo Aranci era davvero solo un golfo, con pochissime strade asfaltate e rare abitazioni tra cui la nostra, affacciata su quella che ancora oggi si chiama Terza Spiaggia. Un idillio nel nulla. La felicità.
La Costa Smeralda, poco lontano da lì, allora era solo una promessa, per qualcuno addirittura un miraggio. Eppure, una colossale impresa partita da un progetto pionieristico ha trasformato quella promessa in certezza e il miraggio in un castello. Vedere crescere nel corso degli anni quella fetta di costa così simile al paradiso non è sempre stato piacevole per me. Tuttavia oggi, da adulta, riconosco la grandezza di quanto è stato fatto, conservando gelosamente nel cuore il contatto verginale con quei luoghi.
L’evoluzione della Costa Smeralda e di tutta la Sardegna non sarebbe stata possibile senza un vettore aereo che accelerasse e snellisse i tempi di contatto dell’isola con il resto d’Europa. È così che ebbe inizio l’avventura alata della Sardegna, da una sfida. La sua storia affonda le radici addirittura nel vecchio campo di aviazione militare di Venafiorita e cresce tra i primi hangar degli aeroporti olbiesi, facendosi largo tra aride mulattiere, greggi di pecore e fieri nuraghi, un po’ quelli che coloravano la mia prima infanzia. La lungimiranza di imprenditori sensibili a questo territorio non sempre facile da educare, a poco a poco ha trasformato non solo il volto della costa ma anche il tessuto socio economico dell’intera Sardegna, facendola letteralmente decollare. L’apertura delle autostrade dei cieli su Olbia ha infatti elevato all’ennesima potenza l’attrattiva dell’isola a livello internazionale. Un valore moltiplicato negli anni dalla compagnia aerea nata come Alisarda, cresciuta come Meridiana e diventata oggi Air Italy, sulla scia del recente ingresso di Qatar Airways.
Questo vertiginoso progresso merita di essere raccontato, soprattutto a chi non ha idea di come fosse la Costa Smeralda prima che il traffico aereo locale la proiettasse nell’oceano del grande turismo internazionale. Ci ha pensato Luca Granella a farlo. Grande appassionato del poliedrico mondo aeronautico e in special modo di Meridiana, propone una ricostruzione emotivamente coinvolgente di questa fiaba. Una fiaba tutta da sfogliare nel libro di prossima pubblicazione edito da Carlo Delfino: ALISARDA E MERIDIANA, DA VENAFIORITA ALLA NASCITA DI AIR ITALY. Si tratta di una collezione di fotografie con eloquenti didascalie che ripercorre gli anni eroici della compagnia aerea, i cui veri protagonisti non sono gli aeroplani ma, innanzitutto, le persone. Donne e uomini che hanno messo le ali a un sogno ridisegnando completamente la personalità della Sardegna. Come sta scritto nel libro di Granella: Cara Meridiana, prendendo spunto da un detto popolare della Sardegna, che si usa per augurare lunga vita, nasce dal cuore un sincero auspicio: “a chent’annos”.
Per la cronaca, ricordo anche la prima volta che mi imbarcai su uno dei voli per Olbia. Grande l’eccitazione e grandissima la soddisfazione di trovarmi in appena una manciata di minuti (avevo qualche anno in più rispetto ai viaggi in traghetto…) con i piedi nudi, beatamente infilati nel mio amato mare. Un mare ancora oggi color dello smeraldo.