Bellezza, verità e eros

Una riflessione filosofica nel giardino dei piaceri

È possibile dominare il piacere senza esserne dominati? Addomesticare i sensi per diventare padroni dei propri desideri sessuali senza restarne travolti?
A queste domande il pensiero moderno non pare conferire dignità filosofica, attratto evidentemente da questioni più pratiche e urgenti. Al contrario, per gli antichi greci filosofare sulla consapevolezza del piacere costituiva seria materia di riflessione, materia che alimenta tuttora l’humus concettuale privilegiato della psicoanalisi classica. La dimensione dell’erotismo, tanto attraente quanto conturbante, è l’inevitabile oceano che culla l’esistenza stessa di ogni essere umano e proprio per la naturale familiarità con cui la viviamo, è spesso causa di profondi e non sempre consapevoli turbamenti.
Sulle tracce della più recente filosofia francese, in particolare quella di Focault, Wilhelm Schmid – filosofo tedesco – recupera una riflessione che riporta il piacere sotto la lente della filosofia, interrogandosi apertamente sulla ars erotica e sulle sue implicazioni sociali. Così come Focault nel suo “L’uso dei piaceri” aveva saputo trovare una soglia in cui la filosofia si fa poesia, Schmid in “Bellezza, verità e eros” cerca di accompagnare le sue riflessioni verso la meraviglia, lo stupore, il candore. Ne esce un libro decisamente dotto e istruttivo che interpreta l’arte erotica come vera e propria arte di vivere. Un’arte che esige consapevolezza, perché solo un rapporto equilibrato con i nostri desideri ci rende padroni dei nostri piaceri.
Il filosofeggiare di Schmid sul buon uso del piacere non vuole essere una ginnastica etica o morale ma una disciplinata cura di sé, della propria anima attraverso la presa di coscienza delle pulsioni del corpo. Certo è che, a fine lettura, resta forte un desiderio: quello di chiudere il libro, spegnere il pensiero e tornare a lasciarsi sedurre dalle infinite tentazioni del giardino dei piaceri!