OCCHI VUOTI

 
Ieri, seguendo le notizie sulle violenze subite da Parigi e dall’Occidente intero, guardavo rapita e confusa i volti dei terroristi. Guardavo i loro occhi ipnotizzata, paralizzata. Occhi apparentemente vuoti, senza un indizio di espressione, indifferenti a tutto e a tutti, alla vita e alla morte. 
Cercavo di capire, di trovare risposte alle domande che ogni persona ragionevole – non ‘buona’, semplicemente ‘ragionevole’ – si starà ponendo in queste ore.
Cosa ci sarà dietro quegli occhi? Cosa dentro quelle teste, quei neuroni, quelle sinapsi, quei pensieri, e soprattutto cosa dentro quei cuori … quale storia, quale cammino, quale credo può riuscire ad azzerare anche l’ultima briciola di umanità che dovrebbe albergare in un essere umano, se non altro per puro istinto di sopravvivenza?
Avvilita, e senza risposte, mi sono poi guardata allo specchio. Ho guardato i miei occhi, smarriti, increduli, pieni di domande. E, con evidente imbarazzo, ho cercato di capire che senso ha tutto quello che faccio quotidianamente, che utilità ho io, di fronte ai grandi sconvolgimenti di questa assurda e complicata vita. Briciole, parole, pensieri scribacchiati, pensieri sciolti, gocce disperse in un oceano che non m’appartiene. Scrivere articoli su cosa si mangia, cosa si beve, dove si va in vacanza, quali ristoranti piacciono, quali hotel raccomandare, che città visitare, quali fiere consigliare … Che misera quotidianità è questa, quando nel frattempo il mondo fuori impazzisce per mano di un esercito occulto di fanatici dagli occhi vuoti!
Eppure, tornando a guardare i miei di occhi, un pensiero più sciolto degli altri mi raggiunge allo specchio e mi salva dall’imbarazzante frugare in me stessa. E se fosse proprio questo il senso del mio agire? Se fosse proprio quello di prendermi cura con amore della mia piccola quotidianità senza personali fanatismi e cieche ambizioni, con coerenza e onestà d’animo, con trasparenza e disinteresse. Scrivere. Usare le parole con spontanea passione, cercando possibilmente di aggiungere un po’ di bellezza alla realtà, senza mentire, che di bugie in giro ce n’è già abbastanza. Forse ha un senso anche regalare a chi legge un po’ di leggerezza con la dovuta intelligenza: un orizzonte nuovo, un panorama sconosciuto, un sapore inatteso, un profumo eccitante … creare desiderio, suscitare curiosità, invogliare a sognare. Guai smettere di sognare!

Allora, mi son detta, anche le parole scritte su argomenti un po’ frivoli, che parlano ai sensi e meno all’animo, possono avere una propria utilità. Allora, anche il tempo speso a ragionare su un cibo, un vino, un hotel o un viaggio, può avere un senso che non è sprecato: quello di creare un tessuto comune, piacevolmente condiviso anche nella consapevolezza della superficialità, un tessuto fatto di fiducia e di sguardi aperti, diretti, luminosi, nonostante tutto il buio che c’è intorno. Un tessuto leggero, fatto di parole, che possa sfidare il senso di paura, la diffidenza e la tentazione di vendetta contro tutti i volti dagli occhi vuoti, passati, presenti e speriamo non futuri, in cui si possa continuare a fare esistere e resistere un mondo bello e buono … buono in tutti i sensi.