“CHANGE LATITUDES, CHANGE ATTITUDES”: CAMBIARE LATITUDINE CAMBIA L’ATTITUDINE

Via giacca, cravatta e tacchi a spillo per scoprire in libertà la naturale bellezza del Sud della Florida
(prima parte)

Ogni viaggio è unico, come un’opera d’arte che non ammette repliche. Visitare luoghi già esplorati e amati comporta sempre il rischio di una sottile delusione, perché qualcosa inevitabilmente cambia col tempo, fuori e dentro di sé.
Eppure, tornare a Culebra dopo soli tre mesi non ha reso più tenue il mio innamoramento per quest’isola caraibica sconosciuta ai più che, anzi, ho ritrovato ancora più affine a me. Ancora più calda, ancora più invitante, e se pensavo di avere visto già tutto su questa terra rubata al mare mi sbagliavo. Mai sottovalutare le isole, perché come le creature solitarie sono scrigni di sorprese, per chi sa ben cercare. E infatti a Culebrita sono stata guidata da un avventuroso indigeno alla scoperta di un angolo sconosciuto ai più, per via del difficile accesso che ne preserva la naturale bellezza. Così, questa volta, lasciandoci alle spalle la candida Playa Kennedy, ci siamo incamminati tra rocce e mangrovie e dopo un percorso non proprio agile siamo finalmente approdati alla meta agognata, la piscina naturale: una vasca creata dalle rocce in cui le onde s’insinuano in un costante fluire schiumoso creando un gioco spontaneo di vortici, risucchi e gorgoglii. Uno spontaneo idromassaggio nato dalla natura, di cui godono i minuscoli pesci dai colori iridescenti che trasformano la vasca in un acquario a cielo aperto, avvolto dall’oceano e nascosto allo sguardo umano. 


Il privilegio d’immergersi qui compensa la difficoltà di raggiungere quest’angolo ameno e per un attimo ho avuto la sensazione dolcemente inquietante di ricongiungermi con l’utero materno: quel galleggiare nel nulla come nel liquido amniotico mi ha procurato un primordiale piacere risvegliato dal mare.
Così, grazie anche a quest’inattesa rivelazione, il mio secondo viaggio a Culebra mi ha dato la certezza che al prossimo ritorno l’isola avrà in serbo altre nuove emozioni. Del resto qui è “casa” ormai per me e la casa è un sentimento che non tradisce. Solo con questa segreta certezza ho potuto lasciare l’isola senza lacrime, del resto il viaggio sarebbe proseguito verso nuovi panorami, esteriori e interiori: la Florida, the sunshine State.
Gateway to the Keys: da Key West a Miami
Lasciati Culebra e Puerto Rico, il viaggio ha preso la rotta di Key West, la punta più a sud della Florida a poche bracciate di mare da Cuba. Ecco che il paesaggio cambia completamente rimescolando i moti d’animo che dalla conturbante sensualità culebrense si colorano di stravaganti eccitazioni. Vale la pena percorrere in auto il tratto di strada da Key West a Miami, con la lentezza che i limiti di velocità impongono, a vantaggio dello sguardo che scorre quieto sulla piattezza azzurra dell’orizzonte. Un filo d’asfalto grigio sembra squarciare in due l’oceano, quasi a voler simbolicamente dividere l’Atlantico dal Golfo del Messico. 


Ci si ritrova in’immensa bolla blu in cui le auto avanzano pazientemente per raggiungere le mete più effervescenti della Florida, in cui la mondanità più eccentrica convive incredibilmente con la natura più selvaggia. Da Key West, 42 ponti collegano la città a Big Pine Key, Marathon, Islamorada e Tavernier fino a Key Largo con il suo Crocodile Lake Wildlife Refuge, e lungo tutto il percorso la natura sembra aver messo d’accordo mare, terra e esseri umani. Straordinaria è infatti la convivenza di una vegetazione fitta e provocante con il mare e la sua barriera corallina: mangrovie, palme e conifere resistono alla presenza umana e gli animali sono i veri padroni di casa qui, coccodrilli compresi che pullulano apparentemente indisturbati fino a trionfare negli Everglades, alle porte di Miami.
Il punto di partenza è dunque Key West, una delle città più ricche d’America nel 1890, caduta in bancarotta nei seguenti anni Trenta. La Old Town attorno a Mallory Square rievoca il suo passato spagnoleggiante e il contrastato rapporto tra America e Cuba. 


Mentre il piacevole susseguirsi di edifici in stile coloniale color pastello rende palpabile la presenza di Hemingway, rievocato in un misto di storia e di leggenda dai numerosi locali sempre affollati, primo tra tutti il famoso Sloppy Joe’s Bar. Qui la vita sembra un gioco inventato da una pagina di libro, un gioco colorato, come le piante flamboyant che rosseggiano imponenti tra palme da cocco e soffici banani: un drink al vento caldo del tramonto, musica che ritma le ore, infradito ai piedi, sole sulla pelle, sale tra i capelli e tanta, tanta voglia di dimenticarsi del resto del mondo per vivere così: easy going! Guardando l’indolente allegria che dipinge i volti delle persone pare proprio vero che “change latitudes, change attitudes”, ovvero che cambiando latitudine cambia l’attitudine … l’attitudine alla vita che scorre più leggera se consumata su queste spiagge dove il dolce far niente sospinto dalla brezza marina diventa pericolosamente disarmante. Un calcio a giacca e cravatta, a tacchi alti e inutili sfoggi e via, un tuffo nella semplice dimenticanza del senso del dovere, della formalità, della rigida apparenza per gustare l’illusoria sensazione d’essere liberi, definitivamente se stessi. 


Quei tramonti rosso fuoco che sfumano nell’indaco inducono alla tentazione di voltare davvero le spalle al mondo per rinascere qui e vivere alla giornata, dimentichi di chicchessia, nella più adolescenziale libertà. Spiare i volti della gente che si raduna al Westin Sunset Pier, tutti con lo sguardo rapito dal sole che muore nel mare, mi fa pensare come sia bello condividere realmente lo stesso panorama, in un mondo in cui la condivisione è banalizzata dalla virtualità. Si sprofonda in una contemplazione qui, una contemplazione che porta lontano: c’è chi pensa, chi sogna, chi ricorda, chi spera, chi ringrazia, chi semplicemente si bea d’essere parte di un attimo fuggente sbalzato tra il cielo e il mare, tra il giorno e la notte, magari accanto a chi si ama. 
Tuttavia, dopo ogni tramonto giunge puntuale l’alba a rischiarare le idee con la sua lucida poesia! E così anche una città ebbra di rosea stravaganza come Key West svela altri volti accattivanti più impegnati. Non alludo al Southernmost Point Buoy, il luogo dove posa la boa più fotografata al mondo per essere il punto degli Stati Uniti più vicino a Cuba. Penso piuttosto a una visita al Fort Zachary, per esempio, per rivivere le suggestioni di una fortezza della metà dell’Ottocento circondata da un immenso parco naturale popolato da iguana e uccelli tropicali; al Mel Fisher Treasure Museum, che invita ad esplorare i tesori dei galeoni spagnoli Atocha e Santa Margarita; all’Harry Truman Little White House, il museo presidenziale di Key West, in origine il luogo dove Truman visse la sua stagione governativa. Imperdibili poi il Key West Aquarium, per ammirare delfini e tartarughe marine (anche se l’oceano è ovviamente l’esperienza migliore), e il Key West Butterfly Conservatory, dove centinaia di farfalle dai colori surreali animano un lussureggiante giardino botanico che pare un quadro di Mirò costellato da uccelli tropicali e fenicotteri rosa.
Il mare è l’altra attrattiva di Key West con tutte le opportunità di pesca d’altura e di immersioni al reef che l’Atlantico offre e lo confermano anche i ristorantini della città: un pullulare di locali variopinti e allegri di musica in cui trionfano granchi, aragoste, gamberi, grouper, snapper e tiburon (lo squalo fritto è una prelibatezza da queste parti, insieme al gator, l’alligatore). Al Stoned Crab Restaurant, per esempio, a due passi dall’Hotel The Inn at Key West,  si può consumare il miglior granchio della città, oltretutto senza troppi sensi di colpa, perché il granchio qui non viene ucciso (così dicono) ma viene privato di una sola chela, la cui amputazione non provocherebbe (così assicurano) alcun danno (?). 

Un altro curioso ristorante alle porte della città è il Thai Life, un ristorante fluttuante, una vera e propria barca dove si possono gustare le migliori prelibatezze thailandesi condite da tramonti senza eguali. Chi invece volesse calarsi nei sapori e nelle atmosfere tipicamente cubane non può perdersi una cena a El Meson de Pepe, una riproduzione in miniatura de La Habana, con i suoi piatti, i suoi sigari, la sua musica e il suo rum.


Prima di proseguire il viaggio verso la prossima meta – Tampa e i suoi dintorni – ecco alcuni indirizzi utili per vivere direttamente sensazioni ed emozioni che le parole possono solo timidamente suggerire. L’importante è partire!
The Thai Life Restaurant http://thailifekeywest.com/
The Inn at Key West Hotel http://theinnatkeywest.com/